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Valeria Farina ci spiega i segreti dello Smart Working

Milano -
smart working

Qualche giorno fa ci siamo occupati dello smart working, introducendo il progetto dell’associazione ‘SmartforExpo’. Avendo trovato interessante l’iniziativa, soprattutto in vista della ormai sempre più vicina Esposizione Universale di Milano, abbiamo deciso d’intervistare una delle due ideatrici di questa novità: Valeria Farina.

Sul sito dell’associazione è riportato: “E se la congestione del traffico, la calca sui mezzi pubblici durante Expo2015 potesse non essere un problema, ma anzi un’opportunità per lavorare in modo diverso, per accelerare un cambio organizzativo nelle aziende?”. Pare che il progetto di SmartforExpo sia partito proprio da questo interrogativo, ma scopriamo insieme cosa ci ha raccontato Farina ha riguardo.

Chi ha fondato  SmartforExpo e che cos’è?

Valeria Farina, ideatrice di SmartforExpo

“SmartforExpo è un’associazione no profit creata da due donne che nella vita hanno anche un altro lavoro. Non ci conoscevamo prima: ci siamo incontrate su Twitter. Io sono Valeria Farina e mi occupo di comunicazione aziendale e di risorse umane, sono una lavoratrice dipendente, mentre Anna Zavaritt è una giornalista e una consulente aziendale e lavora come freelance. Negli ultimi mesi abbiamo osservato come si svolge il lavoro in Italia e, pensando al congestionamento nelle strade durante Expo, abbiamo messo insieme le nostre professionalità. Passo dopo passo, abbiamo ideato il progetto SmartforExpo, dato che entrambe abbiamo esperienza in ambito aziendale e pensiamo di sapere quali siano le problematiche e le difficoltà  da risolvere”.

Com’è la situazione delle aziende in Italia e cosa ne pensano dello smart working?

“Sono sensibili al tema, anche se vedono lo smart working con timore. Ci sono però alcune aziende coraggiose come ad esempio ABB (Gruppo leader nelle tecnologie per l’energia e l’automazione, ndr), che ha messo in piedi un progetto di smart working, prima solo con un alcuni dipendenti e poi, da quest’anno, con tutti. Partendo da questi presupposti, io e Anna abbiamo incontrato, nel nostro tempo libero, i titolari e alcuni dipendenti di quelle aziende che già utilizzano lo smart working, per capire quali benefici avevano portato a casa. Poi ci siamo invece recate in quelle aziende che sono  attratte da questo metodo di lavoro, ma che esitano a proporlo ai loro dipendenti; abbiamo quindi cercato di capire quali erano le criticità, le difficoltà nel passare dalla teoria ai fatti. Abbiamo poi riassunto i vari problemi aziendali in tre nodi cruciali: questione assicurativa; Materiale tecnologico, perché non tutti i dipendenti sono dotati di un proprio pc portatile o di uno smartphone; questione culturale: perché molti manager hanno forse una visione antiquata e limitata del lavoro e danno più importanza alle ore che i propri dipendenti trascorrono in ufficio, piuttosto che alla qualità del loro operato.

Avete ‘sciolto questi nodi’? Come?

“Abbiamo cercato dei partners che preparassero dei pacchetti ad hoc, per invitare le aziende a sperimentare lo smart working. Tra queste ha aderito Zurich (gruppo assicurativo, ndr) che ha creato un progetto dedicato per  chi decide di associarsi a Smartforexpo: un’assicurazione giornaliera, quindi  valida 24 ore per i dipendenti che, durante Expo, lavoreranno uno o più giorni fuori sede. Per gli associati quest’assicurazione avrebbe un costo di 4 euro. Per risolvere la questione tecnologica, abbiamo trovato due validi alleati in Telecom Italia e Plantronics, che fornirebbero ai dipendenti associati cuffie isolanti per poter lavorare ovunque, senza essere soggetti a distrazioni. Entrambi i partners doterebbero dunque coloro che vorranno aderire al progetto SmartforExpo di tutta la strumentazione tecnologica necessaria, a prezzi agevolati. Riguardo poi alla questione culturale, abbiamo chiesto a Variazioni, società di consulenza, di fare dei pacchetti di formazione ai dipendenti e ai manager per insegnare a lavorare in modalità smart working. Insomma abbiamo creato delle soluzioni per togliere degli alibi alle aziende. Il Comune di Milano, che ha organizzato lo scorso 25 marzo la ‘Giornata agile’ (dedicata al lavoro d’ufficio svolto da casa), ha patrocinato l’iniziativa per i mesi di Expo, perché si è reso conto che Milano ha bisogno dello smart working per diminuire il traffico, le emissioni di C02, per non danneggiare l’ambiente e per iniziare davvero ad essere smart. L’ultimo partner che ha aderito a SmartforExpo è stato Car to Go: anche loro hanno proposto tariffe agevolate per invitare le imprese a sostituire le auto aziendali con il car sharing, che è più economico, più amico dell’ambiente e in più in linea con una Milano sempre più condivisa. Abbiamo ideato SmartforExpo proprio con l’idea di aiutare le aziende e speriamo loro ci diano fiducia, magari non tutte, non subito; ci basterebbe solo che facessero un esperimento per Expo: tenere due giorni al mese il 10% dei dipendenti a casa. È poco, ma se si considerassero tutte le aziende di Milano sarebbe un grosso risparmio. Ivana Pais, docente di sociologia all’Università Cattolica, ci supporterebbe nell’analisi dei dati. Scopriremmo così quanto tempo e quanti soldi potrebbero risparmiare le aziende, in modo tale che a fine Expo si tirerebbero le conclusioni. Magari, se i risultati fossero positivi, lo smart working, potrebbe diventare anche in Italia un modello di lavoro”.

I dipendenti cosa ne pensano di questo ‘nuovo’ modo di  lavorare?

“Metà sono propensi, l’altra metà è invece titubante: da un lato lavorare da casa spaventa molto perché pensano di perdere tempo e l’aspetto sociale dello stare in azienda, ecco perché nel progetto abbiamo inserito degli spazi di coworking, situati in varie parti della città, per invitare i dipendenti a lavorare fuori ufficio, ma in mezzo ad altra gente e magari anche più vicino a casa. Alcuni  dipendenti invece investirebbero a livello economico pur di lavorare da casa o in uno spazio di coworking vicino alla propria abitazione: perché così risparmierebbero benzina e auto e perché riuscirebbero ad organizzare meglio la loro vita privata, a fare la spesa, ad andare a prendere i figli a scuola ecc. Noi abbiamo scelto alcuni spazi di coworking mappati dal Comune che hanno tariffe calmierate. Dopo di che è necessario che i dipendenti vengano formati riguardo alla gestione del tempo e bisogna avere voglia di sperimentare. In alcune aziende lo smart working funziona, in altre no”.

L’Evento per lanciare SmartforExpo

Avete avuto delle spese per realizzare SmartforExpo?

“Abbiamo speso per costituire l’associazione no profit e per costruire l’evento di lancio. A parte quello nessun’altra spesa”.

Cosa pensa del prossimo Expo?

“Fin da quando abbiamo ragionato sul progetto, abbiamo pensato che Expo potrebbe essere una grande possibilità per la città, anche per capire cosa vada migliorato. Qualcosa si porterà a casa. Milano è una città che lavora e sarebbe un peccato se il mondo del lavoro non venisse considerato nel modo giusto in occasione di un Evento di tale portata”.

Quanto tempo vi prende il progetto SmartforExpo, dato che sia lei che Anna avete un’altra occupazione?  

“Anna riesce di più a gestire il suo tempo, dato che è una freelance, anche solo pensando alle visite ai nostri partners. Io invece ho preso dei permessi perché sono una dipendente e poi  ho lavorato la sera.  L’abbiamo fatto volentieri, non ci è pesato, perché crediamo molto in questo progetto”.

Ci sono delle aziende che hanno già aderito a SmartforExpo?

“Abbiamo lanciato il progetto solo il 31 marzo scorso: in queste settimane abbiamo i primi appuntamenti con alcune aziende, ma non ha ancora aderito nessuno perché è troppo presto. Noi confidiamo che quando inizierà Expo e ci sarà delirio in città, alcune aziende aderiranno. Poi per noi Expo è stato un volano: la parola sperimentazione è magica perché alleggerisce la responsabilità delle aziende. E’ un po’ come per la ‘Giornata del lavoro agile’: sapendo che si tratta solo di un periodo molte aziende provano lo smart working; la sperimentazione incuriosisce un po’ tutti. La nostra speranza è di avere tanti associati a giugno. È una scommessa”.

Cosa si  aspetta per il dopo Expo?

“Secondo me per una città come Milano lo smart working diventerà una necessità: anche le aziende più reticenti si avvicineranno a questo modo di lavorare per questioni di mobilità. Un’azienda non può permettersi di perdere in produttività perché c’è sciopero o perché c’è traffico. Riguardo ai dipendenti, molti giovani ora non hanno più l’aspirazione di lavorare in un posto fisso, desiderano invece stare in giro, fare nuove esperienze: sono diversi dalla nostra generazione”.

Immaginiamo di rincontrarci tra un anno: secondo lei, ipotizzando che aderiranno a SmartforExpo 200 aziende, quante rimarranno associate, alla fine dell’Esposizione Universale? Quante sceglieranno lo smart working?

“Su 200 aziende secondo me continueranno a scegliere lo smart working il 100 %. Sarà una necessità come ho detto, anche perché molti dipendenti hanno  figli o genitori anziani a casa e la nostra politica in Italia non ha un sistema di welfare che ti permette di avere cura del genitore o del bambino, quindi il tempo libero sarà la ricchezza del lavoro ed è il motivo per cui c’è bisogno di nuove forme di gestione. Secondo me le aziende incrementeranno anche i giorni al mese in cui tenere i dipendenti a casa. Una volta che l’azienda prova fa fatica a tornare indietro. L’azienda ABB ha adottato lo smart working  proprio come politica aziendale”.

 

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DISCLAIMER: Questo articolo è stato emesso da MilanoExpo2015.it . ed è stato inizialmente pubblicato su www.milanoexpo2015.it. L'emittente è il solo responsabile delle informazioni in esso contenute.

[Fonte: Milano OnLine]

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