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Il Refettorio Ambrosiano ci sarà anche dopo Expo?

Milano -
Il Refettorio Ambrosiano piace tanto a bisognosi e anziani

Il Refettorio Ambrosiano, voluto fortemente dalla Caritas, da Davide Rampello e dallo chef Massimo Bottura, è ormai attivo da un mese e mezzo e sta dando da mangiare a molti bisognosi ed anziani del quartiere, utilizzando solo gli avanzi di Expo e in particolare del Supermercato del Futuro.  Nel mondo si spreca circa il 30% di cibo, ma in quell’ex teatro di periferia, a Milano, nel quartiere di Greco, si svolge ogni giorno una piccola magia: con i pochi avanzi vengono preparati da cuochi e volontari piatti di alta cucina e molto fantasiosi che forse i più bisognosi non hanno neanche mai sognato.

Da un’inchiesta del Corriere veniamo a scoprire che ogni giorno, davanti al Refettorio Ambrosiano, intorno alle 9.30 del mattino, arriva un furgono pieno degli avanzi di Expo: hamburger, frutta tropicale, burro, basilico, ma anche croste di grana. Bottura, aiutato da altri chef stellati i e volontari cucina con quello che c’è; il pesto si può fare anche senza pinoli, sostituiti dalle foglie di menta e dalle croste di grana. Bottura esige che il frigo rimanga sempre vuoto: bisogna ingegnarsi e utilizzare tutto quello che c’è e, con un po’ di fantasia, preparare piatti buoni e creativi.

Luciano Gualzetti, direttore della Caritas ambrosiania, ha dichiarato riguardo al Refettorio Ambrosiano “Deve essere un vero luogo di ristoro per la persona,  una tappa di passaggio in cui ritrovare non soltanto cibo ma anche dignità”. L’Ex teatro di periferia, divenuto luogo di convivio con Expo, non è infatti solo un luogo dove si offre da  mangiare ai più bisognosi, ma anche uno spazio bello, di design, arricchito da opere d’arte, dove  ci si riconcilia con la vita e con se stessi.

I commensali sono chiamati ospiti e di solito sono una cinquantina; sono persone che dormono nel ‘Rifiugio’ gestito dalla Caritas (vicino alla Stazione Centrale) e quindi anche al Refettorio Ambrosiano, dove di solito cominciano ad arrivare già nel pomeriggio, frementi di consumare una cena stellata.  A pranzo ci sono invece gli anziani del quartiere.  Entrambi si siedono nel bel salone aspettando che i volontari portino loro i piatti preparati con amore e fantasia da Bottura e dagli altri cuochi. Sono italiani, maghrebini, persone che vengono dall’est, alcuni parlano, altri hanno lo sguardo fisso, ma anche speranzoso. Grazie al Refettorio è stato regalato loro un luogo dove oltre a consumare i pasti, possono conoscersi, recuperare la loro dignità di esseri umani. La bella notizia è che questo luogo di speranza dove Bottura fa magie in cucina per lasciare i frigoriferi sempre vuoti, dovrebbe continuare la sua preziosa attività anche dopo Expo.

Massimo Bottura parla del Refettorio Ambrosiano

Il cibo in fondo è armonia, come ha affermato lo chef stellato sul Corriere, mentre mostrava in un video un pentolone dove ha cucinato tutti gli avanzi, saltandoli insieme alla cipolla di Tropea. Secondo Bottura quando dalla vita hai ricevuto tanto è il momento di cominciare a restituire. Fino ad adesso nei refettori ci sono stati solo involontari, ora ci sono anche i cuochi. Riferendosi agli ospiti,  lo chef ha poi aggiunto: “ La cosa più bella è vedere queste anime fragili che alla sera, prima di uscire, ti salutano, ti guardano negli occhi e ti dicono: non ci lascerai mica adesso che ci hai viziato! Adesso vogliamo continuare così”. Bottura vorrebbe che questo ‘seme’, come lo ha chiamato, quindi il Refettorio Ambrosiano, germogli ovunque: nel Bronx, a Tokyo, a Londra, a Lima e a Johannesburg. Ha poi proseguito: “ Il pane secco può essere oro, dipende da chi ce l’ha in mano. Se ce lo abbiamo in mano noi o ce lo ha in mano mia nonna ha due risultati diversi. Mia nonna crea il passatello, noi magari creiamo un budino di pane secco alla vaniglia con un passato di fragole o frutto della passione o quello che abbiamo in frigorifero, passato al setaccio, che diventa qualcosa di straordinario. Il messaggio è che attraverso la conoscenza dei cuochi noi andiamo a creare delle tradizioni nuove”.

 

Lo chef modenese ha concluso il suo intervento lasciando un messaggio alle nuove generazioni: “ Se io avessi 18 anni la prima cosa che farei è chiedere di poter lavorare qui e di stare qui per sei mesi per lavorare con tutti i grandi cuochi del mondo. Io lo farei immediatamente, perché il materiale umano è una ‘cosa’ fondamentale. Nel momento in cui trasmetto questo mio messaggio ai giovani, ho già creato le basi per il futuro”.

 

 

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DISCLAIMER: Questo articolo è stato emesso da MilanoExpo2015.it . ed è stato inizialmente pubblicato su www.milanoexpo2015.it. L'emittente è il solo responsabile delle informazioni in esso contenute.

[Fonte: Milano OnLine]

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