Il nostro network: News e Eventi | Guida Turistica Milano | Hotels e Alloggi a Milano
Venerdì 29 Marzo 2024
English

CERCA UN HOTEL A MILANO

Booking.com

Filastrocche, cartoni e tablet. L’inglese si impara con il gioco

Milano -
di Elvira Serra dal Corriere della Sera

Schermata 2015-01-19 alle 11.37.13I bambini si confondono quando intorno a loro si parlano più lingue?

«No, hanno la capacità innata di discriminare i diversi suoni linguistici». Apprendere due lingue richiede uno sforzo eccessivo per un bambino? «No, l’apprendimento delle lingue durante la prima infanzia è qualcosa di naturale e privo di sforzo. Questa capacità decresce a partire dalla fine della prima infanzia, verso i 5-6 anni, fino all’adolescenza, intorno ai 12». Non a caso, quella è l’età in cui le lingue straniere diventano materie scolastiche al pari di matematica, storia, geografia e italiano: difficile, a quel punto, trovarle «simpatiche». A meno che non siano state vissute, prima, come un gioco.

Dubbi e curiosità sul bilinguismo: quello vero, di chi ha un genitore di un Paese straniero, e quello acquisito, di chi arriva alle scuole medie disinvolto come un principe ereditario grazie a corsi, lezioni private, vacanze ed esperienze all’estero. La psicolinguista Maria Teresa Guasti spiega quale deve essere, sempre, il punto di partenza: la motivazione. Quella dei genitori si intuisce facilmente: vogliono dare ai figli una marcia in più, uno strumento capace di aiutarli a farsi strada nel mondo. Difficile, però, farlo capire ai bambini, per i quali l’obiettivo principale nel loro germoglio di vita (oltre a quello di essere molto amati da mamma e papà) è mangiare, dormire e giocare. Ecco perché Guasti avverte: «Se imparare una nuova lingua significa giocare, allora i piccoli saranno felici di farlo».

Filastrocche e canzoni sono alleate infallibili. Ma non bisogna sottovalutare l’effetto di una qualsiasi Peppa Pig in lingua originale. E se esercizi, puzzle, giochi a tema vengono fatti su un tablet o su uno smartphone, tanto meglio. «In questo caso il bambino sarà instradato non soltanto al bilinguismo, ma a quello che a me piace chiamare plurilinguismo: dove c’è l’aggiunta, cioè, del codice digitale. Per tacere del fatto che nella galassia Internet non accedere all’inglese significa restare esclusi da almeno il 90% dei contenuti per l’infanzia», chiosa Paolo Ferri, autore di I nuovi bambini (Rizzoli).

Oltre alla motivazione di cui abbiamo scritto sopra, ci vuole metodo. «Serve un progetto educativo specifico per ogni età», avverte Susanna Mantovani, psicopedagogista dell’Università Bicocca di Milano. Proprio per questo, a suo dire, è meglio un insegnante dalla pronuncia un po’ così, ma dalle ottime doti di educatore, di un perfetto madre lingua che non sa entrare in relazione con i bambini. Aggiunge: «Un’ottima soluzione è affidare i laboratori di arte, musica, scienze o tutte le attività ricreative a persone straniere, perché saranno credibili e naturali: per dire, un cuoco inglese può essere molto efficace. Non amo, per esempio, quelle italiane che per vezzo o eccesso pedagogico parlano ai figli in inglese o francese: è forzato, un bambino ha bisogno di relazionarsi con i genitori nella lingua madre, appunto. La mamma non è una maestra, la lingua ha a che fare con l’identità e con il profondo».

Imparare l’inglese o il francese o lo spagnolo o il tedesco vuol dire apprendere un modo di emozionarsi, di esprimersi, di comunicare. «Si impara una lingua da un punto di vista pratico, ma anche mentale: e coincide con l’apprendimento di un nuovo modo di vedere le cose, un altro punto di vista», aggiunge la psicologa Federica Mormando.
Ma è fondamentale farlo in un contesto preciso. «È inutile imparare meccanicamente: una seconda lingua prende significato all’interno di una realtà di comunicazione di vita vera», puntualizza Carla Rinaldi, presidente di Reggio Children, network educativo ormai presente in oltre 120 Paesi del mondo che prese ispirazione dalla «teoria dei cento linguaggi » del pedagogista Loris Malaguzzi. «Tanti sono i modi per esprimersi dei bambini», conclude Rinaldi. «È una nostra responsabilità stimolarli e aiutarli a sperimentarli tutti».

DISCLAIMER: Questo articolo è stato emesso da Faes Milano ed è stato inizialmente pubblicato su www.faesmilano.it. L'emittente è il solo responsabile delle informazioni in esso contenute.

[Fonte: Milano OnLine]

Condividi su: Facebook Digg Delicious Technorati Google Bookmarks OK Notizie Wikio Italia

Ultime notizie

Altre notizie



VIAGGIA NELL'ARTE, NEL GUSTO E NELLA NATURA A MILANO