Finalmente dopo tante malefatte, pare che Expo abbia prodotto qualcosa di buono, socialmente utile ed in linea con i temi dell’Esposizione Universale. Grazie infatti  ad un accordo tra il Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria (Prap) di Milano, il Ministero di Roma e la società Expo, cento detenuti lavoreranno per tutti i 6 mesi dell’ Esposizione Universale!
I detenuti, principalmente, saranno incaricati di accogliere i visitatori, oppure lavoreranno come facchini e, al contrario dei volontari, non lo faranno gratis: verranno pagati, seppur a mercede, quindi, come prevede la legge 354 del 1975, saranno retribuiti un terzo rispetto al pagamento previsto dal contratto collettivo nazionale.
Contro il volontariato, l’hashtag dei collettivi no Expo
Dei cento detenuti che lavoreranno ad Expo, 35 provengono dalla casa di reclusione di Opera, 20 dagli Uffici di esecuzione penale esterna di Milano e 10 dalla Casa Circondariale di Monza. Expo dovrebbe essere solo l’inizio, infatti l’obiettivo è di reinserire i detenuti nella società grazie al lavoro. Essendo poi il tema principale di Expo il cibo, inizialmente l’idea era quella di proporre degli alimenti, realizzati in carcere e derivanti da prodotti coltivati nelle case circondariali del milanese, direttamente nei Padiglioni di Expo; ma, come al solito, mancando i fondi, gli stand con il cibo saranno allestiti direttamente nella casa di reclusione di Bollate che non è lontana dal sito espositivo. Lì saranno organizzate delle visite e verranno venduti i cibi prodotti in carcere. Grazie, poi, ad un bando dedicato alle produzioni carcerarie del Padiglione italiano, la casa circondariale di San Vittore ospiterà la Libera scuola di cucina.
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